La mia intervista sulla rivista Italo-Americana ATLANTIS

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Un Temporary Manager, specialmente se in un periodo di quiescenza tra un incarico e un altro, non deve stare mai fermo. Deve continuare a muoversi in diverse direzioni, alla ricerca di nuovi contatti, ma anche di nuove occasioni di conoscenza.

Una ricerca che può essere (volutamente) caotica, per permettere al caso di esprimere le sue potenzialità, ma che possibilmente dovrebbe prendere una direzione, avere un fine a cui tendere.
Per un certo periodo questa direzione mi ha condotto oltre Oceano, in particolare negli USA.
Un piccolo aiuto del caso ed eccomi intervistato dalla rivista “Atlantis” dell’editore Mazzanti.
Si tratta di un magazine che guarda all’altra sponda dell’Atlantico con un occhio molto attento, distribuito nei voli Delta che collegano Venezia a New York. Redatta in italiano ed in inglese vuole essere un vero e proprio ponte tra una realtà dinamica e stimolante come quella statunitense e il nostro Paese, affrontando parallelismi e differenze in diversi settori: economia, politica, cultura.

Così mi sono trovato a raccontare la mia esperienza, focalizzandomi più del consueto su elementi personali piuttosto che di spiegazione di cosa sia il temporary management. Questo perché il Tm in USA è una forma professionale molto usata e parte integrante della cultura aziendale. Lì un qualsiasi manager si sente in qualche modo “temporary” ed è prassi sostituire un general manager ogni due o tre anni per mantenere un certo ritmo di cambiamento ed un continuo adeguamento al mercato.

(A dire il vero, in USA, come anche negli altri Paesi anglosassoni, i temporary manager sono definiti “interim manager”; è solo in Italia che si è preferito usare un termine differente per evitare un avvicinamento per assonanza al termine “interinali”, coniato qualche anno fa per identificare coloro che vengono somministraeti da un apposita agenzia alle aziende tipicamente manifatturiere nei momenti di picchi di lavoro.)

Credo ne sia è venuta fuori una bella intervista che invito a leggere scaricando il pdf: link

Per finire cosa dire delle opportunità per le aziende italiane negli USA?
Le esportazioni italiane verso gli States nel 2013 sono salite del +4,7% (dati Ice), attestandosi a 38,6 miliardi di dollari. La crescita rispetto al 2012 è stata di quasi 2 miliardi di dollari. Tra i Paesi fornitori degli Stati Uniti, nel 2013 l’Italia si colloca all’ 11° posto (risalendo ancora in graduatoria dal 13° posto del 2012 e dal 15° posto del 2011) con una quota di mercato in crescita dall’1,62% all’1,7%. Tra i Paesi dell’UE, l’Italia è il quarto fornitore, dopo Germania, Regno Unito e Francia.
Sono motivi sufficienti a spingere un TM che vuole essere un motore di rilancio delle nostre aziende, a tenere d’occhio il Paese dove ad un manager che vuole essere ‘temporary’ non è nemmeno chiesta la fatica di aggiungere il prefisso visto che è temporary per definizione?

È una piccola favola del Nordest, protagonista un’azienda in provincia di Padova, che progetta, produce e installa impianti, tra le prime tre aziende del suo settore nel panorama mondiale. Una realtà che lavora in un mercato in espansione, con una forte vocazione all’esportazione, e che offriva la possibilità all’imprenditore di pensare in grande e di essere ambiziosi. Ma per raggiungere gli obiettivi si sarebbe reso necessario rivedere completamente la struttura dell’azienda. L’intervento del ‘temporary manager’, un manager esterno che per quattro anni ha lavorato prima come direttore operativo, quindi come direttore generale, hapermesso di riorganizzare struttura e processi, mettendoli poi in grado di continuare da soli.
Ha colto la potenzialità di questa figura anche la Regione Veneto, che ha messo a disposizione un milione di Euro agli imprenditori del Polesine che intendano avvalersi della collaborazione di un TM come risorsa per uscire dalla crisi (http://www.regione.veneto.it/web/bandi-avvisi-concorsi/dettaglio-bando?_spp_detailId=2674534). Un supporto importante per le realtà produttive di un territorio che più di altri sta patendo la crisi, ma anche un implicito riconoscimento del ruolo decisivo che un TM può giocare nel cambiare le sorti di un’impresa.

Il Temporary Manager è una figura ancora nuova in Italia, dove si affaccia solo negli anni Novanta, ma ampiamente utilizzata nei Paesi anglosassoni. Si tratta di un professionista di alto livello, con esperienza e preparazione specifica che gli permettono di intervenire in una realtà quando questa si trova a dover fronteggiare dei cambiamenti, in positivo come in negativo. Lavora per affrontare le crisi, ma anche per creare nuovi assetti in vista di ampliamenti, aperture di nuovi mercati o i passaggi generazionali. Proviene da ambienti di cultura manageriale superiori, possiede un network di esperienze maturato grazie al lavoro in diverse aziende, ha una visione esterna, dall’alto, e non si mette in competizione con le risorse interne. Vantaggi per l’azienda? Costi certi, tempi certi e obiettivi chiari e condivisi. Insomma, un jolly che spariglia le carte del mazzo e le ridistribuisce per una mano vincente.

Protagonista della nostra storia è Alessandro Lotto (www.alessandrolotto.local), che a soli 40 anni è stato tra i più giovani TM a raggiungere la funzione di Direttore Generale di una media azienda in Italia. Ha alle sue spalle una laurea in Ingegneria a Padova, 10 anni di esperienza in ruoli manageriali, diverse pubblicazioni e Master in Italia e all’estero, tra cui il Master in Business Administration presso la Henley Business School in Inghilterra. Ma non gli basta. «L’approccio analitico di questi studi, un tempo tipici e sufficienti per un manager, non garantisce più una adeguata velocità di reazione ai cambiamenti imposti dalle sempre mutevoli condizioni economiche, sociali e politiche da cui un azienda dipende e neppure l’elemento sostanziale della creatività che deve accompagnare un percorso di innovazione – puntualizza Lotto – Ecco quindi che l’approccio che utilizzo per guidare il cambiamento in azienda è un incrocio di strumenti gestionali classici con strumenti visuali e narrativi, una ricetta che rende più facile la condivisione della ‘vision’ a tutti i livelli organizzativi».
Siamo ben lontani dal ruolo dai famigerati e temuti ‘tagliatori di teste’ che venivano chiamati per chiudere le aziende o ridimensionare il personale. Il Temporary Manager ha infatti come suo scopo principale quello di valorizzare il tessuto aziendale, in tutti i suoi preziosi tasselli, e di rilanciare i processi ponendo le basi per la crescita. Il tutto in pochissimo tempo, dal momento che i tipici contratti vanno dai 6 mesi ad una massimo di 3-4 anni.

Una ricetta vincente, dunque, quella del Temporary Manager, soprattutto in questo momento di grave crisi congiunturale che sta mettendo in ginocchio moltissime piccole e medie aziende. Ma anche un’occasione per cogliere al meglio le opportunità che un mercato in grande cambiamento sta vivendo.